Il cacciatore di grano e di mulini

Vicino al mulino della famiglia Drago c’è un ponticello bassissimo dove passa la linea ferrata. Siamo a Castelvetrano, Sicilia “calda”. È lì che il panificio Maggiore di Lampedusa si rifornisce della farina “Tûmínia” (presente nella ricetta dello Chef Davide Esposito che ci ha segnalato questo artigiano), anzi di Tumminia – come dicono tutti da queste parti – con riferimento ad una varietà autoctona di grano che era andata praticamente perduta e che proprio grazie alla famiglia Drago ha rivisto la luce.

 

 

Del resto, a questo mulino in pietra “vecchio stile” i Drago ci sono davvero affezionati, al punto che il capostipite Francesco Paolo non ha voluto rinunciarci neppure mentre era intento negli anni ’70 a costruire il mulino a cilindri per tutti coloro che volevano la farina bianca.

Lui credeva nella tradizione, nel ricordo di quel “pane a parti di casa” che le nonne facevano appunto in casa e il cui profumo è ancora impresso nella mente e nel cuore di Anna, figlia del compianto Francesco Paolo, e di suo fratello Filippo.

 

 

Quest’ultimo è un “cacciatore di mulini e di grano”. Lui quel grano color nocciola se lo ricordava bene e lo è andato a “riscoprire” da chi un tempo lo coltivava perché la Tumminia è una varietà antica che veniva piantata a marzo e raccolta a fine giugno per “salvare la stagione”. Già perché le sue spighe sono alte anche un metro e mezzo, sono delicate e quindi vanno d’accordo con le temperature alte e l’assenza di vento e pioggie. I chicchi, piccoli e scuri, vengono dunque raccolti e poi macinati lentamente come avviene nella molitura in pietra. Già, perché la tradizione va di pari passo con l’innovazione, ed allora è la selezionatrice ottica poi a setacciare il grano migliore.

“Non basta avere il campo, il grano ed il mulino a pietra per fare farina di qualità”, spiegano i Drago. Serve passione, amore e “territorialità”: tre caratteristiche che a loro proprio non mancano.

 

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