Quando l’amore cade a fagiolo
“Se non lo assaggi, non capisci la differenza. Gennaro lo …
Arrivare al nostro orto è un po’ come scalare il Tourmalet per i ciclisti del Tour de France: dalla svolta per Montechiaro inizia una salita a tratti dolce ma molto più spesso ripida, le pendenze sarebbero proibitive anche per i più grandi scalatori di sempre, ma la soddisfazione una volta arrivati è addirittura superiore a quella di tagliare per primi il traguardo.
Alla gioia per avercela fatta si abbina infatti il piacere che riempie gli occhi di un panorama mozzafiato le cui sfaccettature sembrano diverse ogni volta che volgi lo sguardo verso il mare ed il Vesuvio da una delle diverse “terrazze” dell’orto. È un luogo ameno, vero, semplice, unico.
Un orto “dodici mesi” perché davvero Alberto, il papà di Gennaro che se ne prende cura, ha deciso di vincere quella “tappa di montagna” ogni giorno ed allora si fa quasi prima a chiedergli cosa non ha coltivato lì che quali prodotti quei terreni producano durante l’anno. Alcuni sono assolutamente tipici, altri sorprendentemente tipici.
Ci sono i fagioli (bianchi e butirri), le zucchine, le melanzane e ovviamente i pomodori (“che qui maturano più tardi rispetto al resto della zona – spiega Alberto -, tanto che talvolta li raccogliamo mentre altrove sono già finiti”. Ci sono anche, però, le more e le amarene, un prodotto che a Montechiaro è tradizionale ma del quale si è persa un po’ la memoria.
Alberto della memoria contadina è un custode, pur non essendo stato contadino in gioventù. Il suo sogno era un appezzamento di terra come quest’orto, dal quale poi portare i prodotti sulla tavola di casa. Adesso li porta alla Torre del Saracino dal figlio Gennaro, che poi è un po’ come appunto portarli a casa. Se li gode nei piatti di quel ragazzo che ha visto crescere, sbocciare fino a diventare uno chef due stelle Michelin. Ne va orgoglioso, come di tutti i suoi figli e almeno quanto va orgoglioso del suo orto. Tra i figli come tra i prodotti della terra non si fanno differenze e quindi è inutile chiedergli quale è il suo preferito. La risposta è una sola, molto paterna: “Basta che crescano bene“. Ora possiamo davvero tornare indietro, la strada è in discesa.
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