Tre chef per cinque scuole e un unico stile, Armani.
Una sola squadra al Nobu Armani: tre chef per costruire …
Succede in ogni comparto produttivo del Paese in questi giorni di interrogarsi sulle modalità di ripartenza delle attività. Nessuno è in grado di dire con precisione quando, e soprattutto se, torneremo ad una vita simile a quella che abbiamo condotto fino a qualche mese fa.
Tra le pochissime certezze che abbiamo ce n’è una significativa anche per il mondo della ristorazione: la possibilità di viaggiare sarà limitata per via dell’alto fattore di rischio che comportano gli spostamenti. Gli italiani andranno meno all’estero e nel contempo ospiteremo molti meno stranieri. Peccato, perché questi ultimi sempre più numerosi stavano visitando ultimamente le nostre zone anche con il precipuo intento di godersi le nostre tradizioni culinarie.
Ripiegheremo quindi tutti su quella che viene definita “Shut in economy”, come ha detto il direttore della Mit Technology Review, Gideon Lichfield. Una sorta – dunque – di economia legata all’isolamento obbligatorio che imporrà un riadattamento digitale e “territoriale”. Sempre più persone sparse per il globo si vorranno “avvicinare” ai nostri prodotti di eccellenza – come nel caso dei pomodori – attraverso un percorso “consapevole” da compiere insieme online attraverso video e racconti, ma nel contempo i nostri ospiti “limitrofi” vorranno sapere dove saranno seduti e come saranno serviti così da poter vivere l’esperienza del ristorante stellato in assoluta sicurezza.
Il web può stimolare la curiosità ma non può sostituirsi al piacere di un pranzo o una cena vicino al mare, magari la prima dopo tanto tempo. Di conseguenza, sarà certamente un pubblico più locale che globale quello che affollerà di qui a breve i ristoranti rispetto al recente passato.
Ed allora, dovremo essere pronti perché il mondo ci guarderà sempre più curioso tramite i social ma poi ci saranno da soddisfare gli ospiti a noi più vicini, che magari finiranno con l’essere anche più critici e curiosi rispetto a piatti e prodotti che ritengono “familiari”. Abbiamo dunque ancora una volta l’ esigenza di riscoprire il nostro territorio – come stiamo già facendo ormai da tempo – ma anche di valorizzarlo attraverso percorsi culinari inediti a chi magari crede già di conoscerlo.
Aspettando che il mondo torni a trovarci, cerchiamo di far diventare i nostri prossimi ospiti veri e propri ambasciatori della cultura culinaria mediterranea: sarebbe un bel passo di ripartenza.
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