Festa a Vico XXI Edizione
Nel cuore di Vico Equense, dove il mare ispira i …
La “Cappella Rossa”, come la chiamano a Montechiaro, è lì quasi a presidiare quelle serre. Ti affacci dal sagrato e ti si apre il cuore mentre il panorama del golfo di Sorrento ti si staglia davanti, poi svolti per un viale stretto e Donato ti accoglie con un sorriso dolce quanto i suoi pomodori. A capo dell’azienda agricola di famiglia c’è lui, ma la signora dei pomodori è mamma Rosa – che ha iniziato a pensare a quello che poi il primogenito ha realizzato – nel 2000. Con il passare del tempo Bianca, la sorella “mediana” si è laureata, con una tesi sul pomodoro di Sorrento, e Gemma, la piccola di casa, si è messa a lavorare sodo per rendere speciale – con la forza tipica delle donne – questo prodotto che Donato ha studiato in modo empirico. “I segreti li ho appresi dai vecchi coltivatori della zona e poi ho imparato…sbagliando, come mi è successo in passato”. Le sue spalle larghe gli hanno permesso di rialzarsi in fretta. “Questo è un mestiere che ti scoraggia almeno quanto ti deve piacere: fare i pomodori è una guerra, loro sono i miei soldati e io debbo difenderli dagli agenti che vogliono sterminarli. La prima battaglia è non perdere il seme“.
Per rigenerarlo Donato sceglie gli esemplari migliori, poi lascia che il seme si asciughi e dopo la Befana inizia a seminare. “Il pomodoro dura un anno, senza soluzione di continuità”. Un impegno continuo che non lascia spazio a diversivi di sorta. Sarà per questo che Donato ha gettato in mare il suo telefonino da Punta Scutolo, incredibile ma vero. In effetti, quando si finisce di raccogliere i pomodori (talvolta a ottobre, talvolta addirittura a Natale) si mette il terreno a riposare un paio di mesi ma nel frattempo ci si coltivano i fagiolini (che rilasciano azoto) per preparare la nuova semina che avviene tra marzo e l’ultima metà di giugno. Chi si ferma, è perduto. Ma perché tutto questo lavoro? “Perché questo è il pomodoro di Sorrento, il nostro pomodoro“.
La risposta è fiera, da difensore di un culto più che di un prodotto della terra: “La natura va assecondata e i pomodori vanno preservati dagli sbalzi di temperatura e dalle mosche che li pizzicano. Nel contempo vanno lasciate lavorare le api, che con il caldo però spesso battono la fiacca. Da quando impollinano i fiori occorrono 50-60 giorni per arrivare alla raccolta”. In quel periodo il pomodoro fa il pizzetto rosa, la chioma rosa, la spalla rosa e poi diventa rosso. Donato semina, produce, difende, raccoglie e poi…scopre che i suoi pomodori finiscono alla Torre del Saracino perché Alberto, il papà di Gennaro, ne è un estimatore. Del resto, il pomodoro di Sorrento è molto più versatile di quanto si pensi. Certo, spesso viene utilizzato per l’insalata ma sa essere anche ingrediente perfetto come nel caso del risotto al pomodoro cuore di bue con limone candito, calamaretti e provola che è una “bandiera” della cucina di Gennaro Esposito.
Lo chef, non a caso, è “innamorato” di Montechiaro e dei prodotti di Donato: “Il mio pomodoro è diverso dagli altri perché è pieno, richiama meglio l’olio, ha un sapore naturalmente dolce“. Come il sorriso con il quale lui si affaccia ogni giorno dalla “Cappella Rossa”.
Azienda Agricola Bianca Venanzio –
Via Cappella del Monte numero 5 – 80069
Vico Equense (Napoli)
Telefono: 081/8028405 – 333/4456717
Email: venanziogemma@gmail.com
Vuoi ricevere i nuovi articoli direttamente sulla tua email? Iscriviti qui alla newsletter di Brother in Food.