Operare alla ricerca della qualità perché sia percepita.
Immaginare un solo giorno lavorativo in cui i gesti non …
Non è possibile pensare ad un’azienda che non basi le sue fondamenta sulle persone che la compongono e sulle loro motivazioni, che sappiano stimolare il lavoro della squadra, che mettano a disposizione la genialità individuale per il bene comune. Così come, volendo utilizzare una metafora calcistica, non esistono squadre che funzionino senza un giocatore attaccato alla maglia. Si tratta di un atto di fedeltà indiscusso e di forza di volontà ammirevole.
Giuseppe di Martino ha scelto La Torre del Saracino. Si è innamorato di questa maglia. Passione e sacrificio sono le compagne della sua professione. Alla Torre del Saracino da circa 9 anni, oggi è al comando della brigata del ristorante.
Le esperienze formative non sono certo mancate: prima in Italia, in Europa poi e finanche oltreoceano per poi ritornare alle origini e mettere a frutto l’esperienza al seguito dello chef Gennaro Esposito.
In brigata rappresenta oggi l’elemento storico ma il ruolo di executive chef l’ha conquistato sul campo ancor prima che per questioni cronologiche.
-“Peppe?”
“Una macchina da guerra”, “Un lavoratore infaticabile”, “Fondamentale presenza a La Torre del Saracino” sono le risposte più frequenti che riceverete provando a chiedere in giro di lui.
Appena varcata la soglia dei 30 anni, ciò che di sicuro conosce lo chef Di Martino è il significato della parola responsabilità che non affievolisce mai la voglia di sperimentare, conquistare nuovi territori, rimboccarsi le maniche per dare il meglio e servirlo con maggiore premura.
La giornata inizia con il contatto diretto con la rete dei fornitori: alla ricerca del pesce più fresco, della primizia migliore, dei sapori più autentici. Suo è anche il compito di pianificare e supervisionare le attività dei componenti della brigata e le preparazioni in cucina. Occorre una tempra lucida e puntuale per riuscirci: la squadra, in cucina, è una macchina perfetta che non ammette sbavature di nessuna natura.
Ognuno a suo modo interpreta l’ordine e la disciplina: Giuseppe lo fa con un approccio personale; schivo nel ricevere complimenti, comunicativo quanto basta – e non sempre c’è bisogno di parole – per la condivisione di un’esigenza e nello spronare i colleghi con rigore.
Di sicuro la persona più vicina allo Chef Esposito, il suo secondo condivide con il mentore la voglia – che supera ogni ostacolo- di raggiungere un obiettivo, qualunque sia la posta in gioco.
Se è vero che cibo e creatività trovano il comun denominatore nella fiamma della passione è altrettanto vero che i ritmi e l’intensità di una vita votata alla cucina richiedono un alto grado di resistenza, non solo fisica.
La conquista dei palati, in un ristorante, dipende sempre dal gioco di squadra ma sono sempre i giocatori a fare la differenza.
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